Giordano Bruno.

Basta pronunciare o scrivere queste 2 parole per far tremare i polsi anche a distanza di 422 anni dalla sua tragica condanna al rogo.

Del suo sistema filosofico è possibile reperire quasi tutto sui libri e sul web. Diciamo solo brevemente che egli era copernicano fino al midollo, neoplatonico nel senso che aveva intuito l’Unità del Tutto e infine panteista poiché identificava Dio, la Natura e l’“Infinito Universo e Mondi” come un Tutto, per l’appunto Unico e Inscindibile.

Mi vorrei invece soffermare sulla sua sagace interpretazione del Mito di Diana e Atteone, citato nel suo celebre testo “De gli eroici furori”.

 

Tale Mito ci racconta dell’eroe tebano Atteone, nipote di Cadmo, che va a caccia con la sua muta di cani addentrandosi nei recessi più oscuri della foresta e così simboleggiando il vero Filosofo, cioè colui che si contraddistingue per la costante ricerca della Verità. Infatti, i cani di Atteone sono veltri e mastini, cioè i simboli di intelletto e volontà.

Proprio come Dante, egli si perde nella selva oscura ma, a un tratto, ecco un riflesso nell’acqua ed ecco apparirgli il corpo ignudo di Diana (Artemide per i greci) che fa il bagno con alcune compagne ninfee. Diana, vergine, è custode gelosa della sua Bellezza e quando si accorge di essere stata osservata spruzza dell’acqua sul viso di Atteone trasformandolo in cervo per impedirgli di riferire quanto visto.

Il cacciatore fugge e si accorge della mutazione solo quando si specchia nell’acqua: a quel punto, i suoi stessi cani gli sono addosso e lo sbranano. Il cacciatore è diventato preda e vittima della sua stessa scoperta.

Nel corso dei secoli sono stati elaborati e attribuiti molti significati a questo splendido Mito. Fra questi, merita a mio avviso il plauso più sentito proprio quello suggerito da Giordano Bruno nell’opera citata.

 

Atteone è allora, come detto, il Filosofo dotato di Intelletto e Volontà di Ricerca, doti entrambe necessarie per osare l’azione coraggiosa di conoscere, di intravedere la Verità, contemplarla nella sua Bellezza ammaliante e quindi giungere a possedere la sapienza divina. Decidere di penetrare nell’intricato sottobosco della foresta umbratile, cioè nel mondo inestricabile delle domande e degli enigmi, nella selva delle aporie della doxa, per togliere il velo (aletheia), denudare, la Verità forte di quell’intelletto eroico ed erotico mosso da quell’amore per la Sapienza al fine ultimo di connettersi con la Verità. Ecco allora l’originale lettura di Bruno: la morte di Atteone non va vista come apparente disgrazia, ma come passaggio alla vera vita del Sapiente, vita che non può restare ingabbiata in un corpo mortale ma assurgere in una dimensione ultraterrena una volta entrato a contatto col divino.
Il Filosofo che arrivi a tanto, anche se dovesse perire dovrà considerarsi fortunato e accettare di tacere, anche perché, ci direbbe Platone, se parlasse verrebbe considerato pazzo, deriso e ucciso. Per cui la punizione della Dea, se da un lato rivela questa impossibilità di divulgazione della Verità, dall’altro ci mostra l’elevazione suprema del Filosofo che muore platonicamente, cioè liberandosi dalla condizione corporea di oscurità e ignoranza per raggiungere l’Iperuranio ove contemplare le Idee, il Divino, gli infiniti Mondi, l’Uno.

 

Che cosa ne possiamo trarre noi, miseri e ignobili esseri umani del XXI Secolo?

Anzitutto che la Verità è spiaggia per pochi eletti in quanto costa fatica, richiede coraggio e sete di Sapere, tutti fattori che l’Uomo di oggi tende in massima parte a scansare.

In secondo luogo che se qualche Filosofo coraggioso dovesse riuscire in imprese simili non potrà rivelare a nessuno la Verità scoperta, perché sarà come un cervo che tenta di parlare ma nessuno potrà capirlo. Inizialmente sarà deriso, poi scambiato per pazzo, quindi considerato pericoloso, combattuto e ucciso.

Questa è la fine inevitabile dei Sapienti. Resta da chiedersi se sia preferibile conoscere la Verità e morire per essa o restare vivi molto più a lungo ma incatenati nella Caverna a osservare ombre irreali fatte credere per vere.

 

Tu che sei arrivato sin qui a leggere,… credo di sapere che cosa hai scelto. 

(Daniele Bondi)