“…Il Ministro dell’Interno, Giovanni Encomio, ha rassegnato le dimissioni.”

Leggo quest’ANSA sul mio terminale e non credo ai miei occhi: da tutti me lo sarei potuto aspettare tranne che da quello spocchioso nanerottolo di provincia che trasuda arroganza da tutti i pori. Deve essere successo qualcosa di tremendo per indurlo a compiere un atto che neppure il giornalista più fantasioso avrebbe potuto immaginare.

E allora stimolo la mia capacità raziocinativa e comincio a elucubrare una serie di possibili ragioni: un avviso di garanzia in arrivo, una minaccia da parte della mafia, una scomoda verità che sta per venire a galla. Ma non sono convinto: rivedo nella mente il suo sguardo callido e mi rammento del suo atteggiamento satrapico. No, niente mafia e niente magistratura, deve trattarsi di apostasia da parte di qualche politico a lui vicino.

La faccenda mi incuriosisce al punto che mi reco immediatamente dal direttore:
“Capo, posso occuparmi io di Encomio?”
“Per me va bene, come intendi procedere?”
“Ancora non lo so, ma ho la ferma intenzione di scoprire cosa c’è sotto: queste dimissioni

puzzano di bruciato.” Cioè di scoop.

L’indomani, di buon mattino, mi trovo innanzi al cancello della sua villa di Ostia. Suono il campanello dorato ed ecco apparire un uomo in salopette verde, cappellino con visiera e un paio di lunghe cesoie in mano. Senza neanche darmi il tempo di presentarmi evidentemente sa riconoscere i giornalisti a vista d’occhio – mi dice che l’ex ministro ha preso il primo volo per la Giamaica.

“Per la Giamaica? E che cosa c’è andato a fare fin laggiù? Non mi dirà che si tratta di un trasferimento definitivo?”

“Macché definitivo, Sua Eccellenza si è preso una vacanza e tornerà molto presto. Che giornalista è lei se non ha neanche letto i giornali?”

“Mi perdoni, ma non capisco…”
“Sono io che non la capisco: che cosa è venuto a fare qui?”
“A cercare di intervistare il ministro in merito alle sue dimissioni…”
“Allora, se sa delle dimissioni, perché le sembra tanto strano che Sua Eccellenza si sia

preso una vacanza?”
“Non mi stupisco della vacanza, ma delle dimissioni… Secondo lei,…”
“Se vuole la mia opinione deve promettermi che non la scriverà da nessuna parte…”
“Ha la mia parola: vorrei solo capire le ragioni…”
“A mio parere Sua Eccellenza è stato tradito.”
“Ah sì? E da chi?”
“Da tutti!”
“Tutti chi? Il consiglio dei ministri, i parlamentari della maggioranza o i compagni di

partito?”
“Tutti quanti, io e lei compresi!”
“Davvero interessante: e in che cosa consisterebbe questo tradimento collettivo?”

“Mi spiace ma ora la devo salutare. Sia gentile, non scriva nulla sull’argomento: in casa sono tutti preoccupati.”

“Vuol dire che la moglie non è partita con lui?”

“No, la moglie è qui, ma mi ha dato ordine di non far entrare nessuno, soprattutto giornalisti…”

“Capisco,… un momento familiare difficile, non è vero?”

“Le ho già detto anche troppo. Ora sia gentile e se ne vada a caccia di altre notizie. La saluto.”

All’aeroporto vengo a sapere che Encomio è in effetti partito alla volta della Giamaica per cui comincio a chiedermi se non valga la pena di seguirlo fin là. E se da Montego Bay si imbarca per altre isole caraibiche? Se non fossi in grado di stanarlo? D’altra parte se ne è andato proprio per disparire e dunque niente mi assicura che la mia eventuale ricerca avrebbe successo. Al contrario, probabilmente finirei col perdere del tempo e il fattore tempo, quando si tratta di scoop, è proprio quello decisivo. No, no, niente reggae: qui non c’è un minuto da perdere!

Ma quale azione devo intraprendere per arrivare prima di tutti alla verità?

Torno in redazione e cerco di raccogliere le idee; ho un solo elemento di certezza: il ministro si è inaspettatamente dimesso ed è poi fuggito il più lontano possibile. Dai discorsi del giardiniere si intuisce un Encomio vittima di qualche complotto, ed io stesso propenderei per una soluzione del genere, ma non sono queste semplici illazioni? Che cosa ne può sapere il giardiniere delle presunte fellonie subite da “Sua Eccellenza”?

In fondo, fuga significa spesso coscienza sporca: Encomio potrebbe essere parte della tabe di tangentopoli e formidinare un arresto oppure prepararsi ad un atto di pubblica resipiscenza.

Mi arrovello per ore, sempre tenendo d’occhio le agenzie dell’ANSA, aspettandomi fra queste l’emissione di un avviso di garanzia nei suoi confronti. Oppure una dichiarazione chiarificatrice da parte di qualche esponente del suo partito. Invece niente di niente: il mistero si infittisce e mi interessa sempre più. Decido allora di agire stilando una lista di colleghi onorevoli da intervistare e ponendovi in calce la Contessa De Victoriis, moglie del fuggitivo.

Il giorno seguente, mi reco a Montecitorio.

Con largo anticipo rispetto all’apertura dei lavori parlamentari, eccomi innanzi al sontuoso ingresso della Camera dei Deputati. La giornata è soleggiata ma spira un vento fastidioso.

Intorno alle 8,45 ecco arrivare il leader del partito di Encomio e dell’intera coalizione di governo, l’Onorevole Ratti, con tanto di scorta e segretaria. Mi avvicino, mi presento rapidamente e chiedo un appuntamento urgente per un’intervista. Mantenendo il passo rapido e lo sguardo a terra, Ratti mi sussurra:

“Per quale giornale ha detto che lavora?”
Glielo ripeto e lui si rivolge alla segretaria:
“Fissi un appuntamento con questo giovanotto per il primo pomeriggio, in transatlantico.”

Dieci minuti più tardi arriva un’auto blu ed ecco discendere un claudicante personaggio: si tratta di Giorgini, il Ministro degli Esteri. Mi posiziono ad un passo dal palafreniere che gli apre la portiera e riesco a strappargli un appuntamento per le 17,00, alla Farnesina.

Mentre riporto in agenda l’orario e già penso a chiudere la serata con un passaggio dalla moglie di Encomio, intravedo Biffi, il portavoce del maggior partito dell’opposizione.

Avvertendo nel profondo che è la mia giornata fortunata, mi lancio all’inseguimento, lo bracco e gli strappo un’intervista in transatlantico per le 15,30: fantastico! Tre incontri interessanti già fissati e ho tutta la mattina davanti per convincere la Contessa a ricevermi.

Tornato in redazione, chiamo Villa De Victoriis ma non riesco a ottenere alcunché: ingresso vietato ai giornalisti per almeno quindici giorni. Eppure ce la devo fare, accidenti, il parere della Contessa è troppo importante.

Mi viene un’idea: e se cambiassi identità? Chi potrei impersonare per essere ricevuto senz’altro?

Chiamo uno dei nostri informatori, l’esperto del circuito ctonio della classe politica, e gli giro la domanda. Vengo a sapere che la Contessa adora tutto ciò che ha a che fare col Vaticano e allora decido di impersonare un presule: l’Arcivescovo di Pescara-Penne, Monsignor Giuliani.

Rido pensando a me stesso in versione porporato, telefono usando un accento vagamente abruzzese e fisso l’appuntamento per le 21,00 con la scusa di una raccolta di fondi per le popolazioni del Ruanda: Bingo!

Al terminale dell’Ansa appare intanto il nome di colui che sostituirà Encomio: sarà lo stesso Presidente del Consiglio ad assumere, ad interim, la guida del ministero. Interessante: per trovare un nuovo ministro occorrerà litigare e giungere a laidi compromessi all’interno della maggioranza.

Giungono le 14,00 ed eccomi accanto al primo testimone. Devo indurlo ad elicere elementi illuminanti sulla vicenda.

“Onorevole Ratti, le dimissioni del ministro Encomio hanno sollevato qualche perplessità all’interno del mio giornale. Giustificare la sua improvvisa uscita dal governo con “problemi di salute” non ci è sembrata la spiegazione più convincente. Inoltre temo che l’opinione pubblica sia dello stesso avviso. Se le garantisco di non citare la fonte, mi può dire qualcosa di più aderente alla realtà?”

“Mi avvalgo certamente delle sue garanzie perché credo di conoscere le vere ragioni del gesto di Encomio. La mia personale opinione, ma è solo un’opinione, è che il ministro fosse ricattato… Ma non mi chieda da chi o per quale misfatto perché non ne ho la più pallida idea…”

“E allora cosa le fa pensare che fosse ricattato?”

“Naturalmente non ne ho alcuna prova, si tratta solo di un sospetto, di un’idea. L’unica cosa certa è che negli ultimi mesi il suo atteggiamento era completamente mutato. Era divenuto insicuro, a tratti rabbioso e a tratti depresso, ma fondamentalmente insicuro. L’ho sentito più di una volta dichiararsi vittima di ripetuti tradimenti. Credo che si riferisse alla moglie, anche se i colleghi dell’opposizione le diranno che ce l’aveva con qualche altro ministro. Una volta, in effetti, lo sentii anch’io dire a chiare lettere che qualcuno voleva fargli le scarpe, ma non specificò alcun nome. Si capiva benissimo che era solo un pretesto per nascondere il suo disagio. Un disagio che derivava dalla necessità, a mio avviso non-politica, di dimettersi. Le mie informazioni e deduzioni finiscono qui: non ho altro da dirle. Arrivederci.”

“Ancora un paio di domande, onorevole: se dovesse descrivere Encomio con un solo aggettivo, quale userebbe?”

Ratti si avvicina al mio orecchio destro e mi sussurra: “Tronfio”.
“Ha qualcosa da rimproverarsi?”
“Che intende dire? Riguardo alle sue dimissioni?” “Certo…”

“Forse il non avergli spiegato bene le intenzioni del partito quando questo si è espresso in modo diverso rispetto a certe sue prese di posizione… Ma l’ho sempre fatto in buona fede: pensavo fosse abbastanza grande da capire le ragioni di partito… E invece quello si adontava…”

Ringraziandolo per la gentile concessione, lo saluto augurandogli buon lavoro.

Alle 15,30 in punto, con la sua pancia idropica appoggiata al bancone, l’Onorevole Biffi sta biascicando un croissant. Mi chiede che cosa desidero e, quando mi sente ordinare “un cappuccino, con ghiaccio in un bicchiere a parte” fa tanto d’occhi.

“Le dimissioni del Ministro dell’Interno hanno sbalordito anche me. Conoscendo il tipo concordo nel ritenere che dovessero esserci ragioni ben precise e molto serie per indurlo a tanto.”

“E lei si è fatto un’idea in merito?”
“Un’ideuccia ce l’ho, ma si tratta di mere illazioni, me ne rendo conto.”
“Me ne parli, tanto qui brancoliamo tutti quanti nel buio.”
“A mio modo di vedere Encomio aveva intuito che Ratti volesse sostituirl
o al ministero. Ma

fin qui niente di male: in quella coalizione è una prassi consolidata. Il problema è che, sempre secondo il mio punto di vista, Encomio aveva scoperto che qualcuno (legga: Ratti) stava montando uno scandalo intorno al passato suo e di sua moglie, forse del tutto inventato; ma sappiamo bene che una volta apparsa una certa notizia sui giornali l’opinione pubblica è ormai condizionata (poco importa se voi giornalisti avete scritto il vero o il falso) e allora, penso io, pur di evitare la pubblica vergogna, ecco che il ministro non ha altra strada se non quella delle dimissioni.”

“Su cosa si basa questa sua supposizione?”

“Sul fatto che fra Ratti ed Encomio non sia mai corso buon sangue e che, a dispetto dell’incarico ad interim preso dal Presidente del Consiglio, circola già la voce di un prossimo inserimento di Ratti al Governo.”

“E l’idea della montatura scandalistica?”
“Questo è l’anello debole della mia opinione…“
“Me ne parli ugualmente.”
“Chi non ha visto Ratti leggere con voracità i magazine scandalistici?…”

“Tutto qui?”

“Le pare poco? Mentre tutti i parlamentari leggono il Corriere della Sera o Repubblica o i quotidiani di partito, quello là divora Novella 2000!”

“Capisco… Mi è stato molto utile. Non si preoccupi, le sue informazioni sono riservate e se dovessi scrivere qualcosa delle sue deduzioni non riporterei mai la fonte. La ringrazio. Ah, dimenticavo: che tipo è, Encomio, intendo dire fuori dai ruoli? E’ uno che ama scherzare, o è sempre serioso come appare in televisione? E’ generoso o taccagno?”

“Beh, io non è che lo conosca proprio bene. Per quel che ne so offre spesso da bere a tutti, ma non lo fa per bontà d’animo, quanto per stare sempre una spanna sopra gli altri. D’altra parte ho notato in lui, in diversi frangenti, anche qualche segno di timidezza – lei mi dirà che devo essere impazzito – eppure non posso evitare di affermare che Encomio è in qualche modo un timido. Quanto a scherzare, se devo dire la verità io non l’ho mai visto ridere.”

“Lei ha qualcosa da rimproverarsi al riguardo?”

“Io? Io no di certo… Il mio partito fa l’opposizione e più di una volta siamo scesi in piazza contro talune leggi che recavano la firma di Encomio… Ma questo lo sanno tutti. Sono fatti di vita democratica. Dio, forse i toni usati non sono sempre stati del tutto pacati, ma cosa vuole che le dica…”

Alle 16,55 mi trovo nella sobria saletta della Farnesina in cui sono stato fatto accomodare.

Il Ministro degli Affari Esteri giunge con una buona mezzora di ritardo, ma alla fine si presenta e questa è la sola cosa importante.

Alla mia scontata domanda risponde:

“Non ne ho alcuna idea. Le sue dimissioni hanno sorpreso anche me. Encomio non era tipo da dimettersi. Deve essere successo qualcosa di inaspettato in famiglia…”

“Neanche lei crede alla malattia?”
“No: Encomio scoppiava di salute.”
“E allora? Possibile che non si sia formato un’ìdea, un sospetto?”
“L’unica idea è quella che le ho già esposto: deve essere successo qualcosa nell’entourage

di sua moglie. Probabilmente la Contessa De Victoriis le sarà molto più utile del sottoscritto.” “D’accordo. Ma prima di andare un’ultima domanda: secondo lei, siamo più vicini alla realtà

se diciamo che Encomio è un timido o se lo definiamo un arrogante?”
Il ministro rimane interdetto per un lungo intervallo di tempo.
“Devo ripetere la domanda?”
“No, no, la domanda è chiarissima… E’ che non mi era mai capitato di pensare che una

persona potesse essere efficacemente descritta con due aggettivi opposti.”
“Intende dire che Encomio è l’uno e l’altro?”
“Esatto. Ci sono situazioni in cui l’ho visto più timido di un adolescente. Altre in cui

manifestava una prosopopea smisurata. Sinceramente non saprei per quale delle due caratteristiche propendere. Comunque sia, Encomio era un onest’uomo.”

“Prova un senso di colpa, anche minimo, per queste improvvise dimissioni?”

“No, perché dovrei? E’ stata una scelta sua di cui, tra l’altro, sono stato informato dai media…”

“Siete sempre andati d’amore e d’accordo?”

“Oddio, negli ultimi tempi qualche contrasto si è creato (a proposito della legge finanziaria) e il mio dissenso rispetto a certe sue proposte non gliel’ho certo mandato a dire attraverso i giornali… Ma da qui a dire che questo possa essere causa del suo gesto…”

Deluso, me ne torno in redazione. L’Ansa non ha inserito altre notizie al riguardo del fuggitivo e allora mi dirigo verso casa per provvedere al mio travestimento.

Ore 21,00. Villa De Victoriis.
“Buonasera Contessa. E’ un piacere profondissimo poterla conoscere.”
“Buonasera Monsignore.” –
mentre mi trattengo a stento dal ridere (pensando che se

anche solo 24 ore prima mi avessero predetto che una contessa mi avrebbe baciato la mano sarei esploso in cachinni incontenibili) la osservo attentamente. Si tratta di una donna raffinata come poche e, a dispetto dell’età, ancora affascinante. Forse ciò che colpisce di più quando si osserva il suo portamento vagamente ondeggiante sono soprattutto la classe e l’eleganza, caratteristiche che in lei rimandano ad un’aristocrazia vera e non di facciata. Il trucco tenue e la sagoma sinuosa rimandano invece a una cura maniacale del proprio aspetto esteriore.

Per una buona mezzora le parlo del progetto di raccolta fondi di cui le ho fatto cenno al telefono, un progetto nel quale intendo coinvolgerla data la sua rinomata esperienza e generosità in materia.

A un certo punto riesco a portare il discorso sul marito.
“Pensa che il ministro ci darà una mano, compatibilmente ai suoi mille impegni?”
“Così,… non sa nulla…?”
“Nulla di che?”
“Mio marito ha rassegnato le dimissioni ed è partito per la Giamaica.”
Credo di essere riuscito a fingere il massimo stupore tanto è vero che, di fronte ai miei

occhi stralunati, la contessa scoppia in un pianto irrefrenabile e si inginocchia ai miei piedi. Mentre dentro di me gongolo al pensiero che se anche con quell’abito non divento certamente un monaco godo pur sempre di un potere straordinario, l’aiuto a rialzarsi e la stimolo

a confidarsi.
“E’ andato via perché lo hanno minacciato… Sì, minacciato di uccidere sua moglie e i suoi

figli…”
“Lei, contessa,… ne ha le prove?”
“No…”
“Gliene ha parlato lui?”
“Non proprio. L’ho intuito da certi suoi discorsi. Era così cambiato negli ultimi tempi…”
“E da quali discorsi, se non sono indiscreto…”
“L’ho sentito più volte lamentarsi dei compagni di partito e, soprattutto
, dei colleghi

ministri… Da una sua telefonata al Presidente delle Repubblica mi è parso di capire che un

complotto di vaste dimensioni era stato architettato ai suoi danni. Ecco perché ho pensato alle minacce…”

“Capisco… E, naturalmente, non ha idea del motivo…”

“Credo si tratti delle riforme che ha portato avanti in questi ultimi due anni. Lei lo dovrebbe sapere, mio marito è riuscito a far promulgare una serie di leggi che nessun ministro precedente si era neanche sognato di ideare. Si tratta di riforme che danno fastidio e non tanto perché danneggino qualcuno in particolare quanto perché innalzano mio marito di una spanna sopra tutti gli altri politici di questo Paese…”

E’ la seconda volta nella giornata che sento questa espressione…

“…Credo che l’intento fondamentale fosse quello di interrompere la sua carriera folgorante. Evidentemente ci sono riusciti.”

“Che squallidi giochi di potere… Dio li perdoni perché non sanno quello che fanno…”
“Mi scusi, Monsignore, ma loro lo sanno eccome…”
“Intendo in senso religioso. Loro non sanno che poi il giorno del Giudizio…”
“Non si potrebbe avere giustizia ora?… Mi perdoni, Monsignore, ma sono ancora sconvolta

e non so quello che dico…”
“Non si preoccupi, anzi, contessa, si sfoghi pure. Io sono il suo umile servo. Fra
lei e suo

marito è sempre andato tutto bene?”
“Sì, anche se negli ultimi tempi, con queste nuove e ingestibili tensioni, era diventato

intrattabile e mi accusava di averlo, ecco… tradito! Si figuri, io che lo tradisco…, io che ho fatto della moralità il mio modus vivendi e operandi. Ma non mi sono offesa perché vedevo bene che era sconvolto… Pensi che è arrivato a dire qualcosa del genere persino al giardiniere …”

“E cioè? Che lo aveva tradito?”
“Già… Ma era fuori di sé. Spero che ora si senta meglio.”
“Da quanto tempo non lo sente?”
“Da ieri mattina
quando mi ha chiamato dall’aeroporto per salutarmi – e già mi sembra

un’eternità.”
“Che cosa le ha detto in quella telefonata? Le è sembrato più rilassato?”
“In effetti mi è sembrato più lucido: nessun accenno a tradimenti o complotti.”
“Mi dica sinceramente, contessa: lei, in quanto moglie, non ha nulla da rimproverarsi?” “L’unico mio rammarico è di non essergli stata più vicina in questi ultimi tempi di forti

tensioni… E magari di avergli presentato qualche uomo di troppo… Ma si trattava degli architetti della villa di Porto Cervo, oppure del giudice Monfalcone o del Prefetto Sirio; e, comunque, chi poteva immaginare, fino a solo un mese fa, che mi avrebbe lanciato simili accuse?”

“Evidentemente nelle ultime settimane prendeva tutto male e faceva di un alito di brezza una tempesta. Pensa che ritornerà presto?”

“Di sicuro non tornerà per almeno due settimane: così mi ha detto. L’unica mia speranza è che si riprenda e possiamo ritornare a vivere sereni come prima. Al diavolo la politica e i suoi squallidi intrighi. Lasciamoli a Ratti e ai suoi fedeli!”

“L’onorevole Ratti le sembra coinvolto nel,… complotto?” “Altro che se lo è… E il Presidente della Repubblica lo sa.”

“Contessa, mi dica un po’: suo marito è un tipo affettuoso?” “Sì, abbastanza.”
“Timido?”
“Sì, in certe situazioni.”

“Così la sua parvenza un tantino, ecco…, diciamo presuntuosa – mi perdoni, eh, ma lo sa che i vignettisti lo disegnano nei panni di Napoleone – è mera apparenza?”

“Certo che lo è: le sue forti prese di posizione sono dovute a una incrollabile fede nelle proprie idee, sempre rivolte al bene comune, al bene della nazione. E inoltre servono proprio a coprire la sua inguaribile timidezza.”

“Mi scusi, contessa, ma in quali situazioni si manifesterebbe questa timidezza?”

“Più o meno nelle stesse in cui sa ostentare una notevole sicumera. Si tratta di un processo interiore che gli consente di trasformare la paura in ciò che sembra superbia. Niente di più.”

“Capisco.”

L’indomani torno in redazione e cerco di dipanare la matassa di questo maledetto ircocervo; ho raccolto molte opinioni interessanti ma devo arrendermi: non ho assolutamente nulla in mano. Pensavo di aver trovato lo scoop della mia vita e invece brancolo nel buio più totale.

Mentre sto per rinunciare all’incarico, l’Ansa dirama una notizia sconvolgente: il corpo dell’ex ministro Encomio è stato trovato senza vita in un albergo di Montego Bay, Giamaica. Suicidio? Omicidio? Infarto? Si apprende soltanto che una delegazione di diplomatici italiani del Centro e Nord America si sta recando sul posto mentre viene decisa l’autopsia.

Che cosa diavolo sarà successo? Questa notizia mi porta contemporaneamente i complimenti del capo (“Bravo, avevi fiutato giusto!”) e la delusione dovuta all’immediato riversarsi di centinaia di giornalisti di tutto il pianeta sulla vicenda: il mio scoop non ha più ragione di essere sperato.

Per un attimo, pensando a quella complessa figura che è stato l’ex ministro, sono tentato di insistere, ma poi immagino orde di colleghi a caccia di notizie sul suo passato ed ecco che mi passa la voglia.

Ripenso all’espressione vanagloriosa che ho sempre visto sul volto di Encomio e cerco di collegarla a ciò che mai avrei sospettato in lui e che invece sembra esserne la vera causa: la timidezza. Ma è davvero possibile che Encomio sia stato un timido?

Mi dirigo verso la nostra libreria ed estraggo un volume della Enciclopedia di Psicologia. Con grande sorpresa scopro che un certo Alfred Adler ha definito col termine “compensazione” l’atteggiamento del tutto normale che induce gli esseri umani consapevoli di un proprio complesso di inferiorità a sfidarsi per cercare di primeggiare proprio nello stesso campo in cui sanno di essere svantaggiati. Pare addirittura che Demostene fosse un balbuziente prima di diventare uno dei più grandi oratori della storia!

Chiudo il volume e me ne torno alla scrivania: okay, Encomio era un timido che compensava il suo problema con un atteggiamento altezzoso. E allora? Perché mai si è dimesso e poi ucciso? Perché deve essersi ucciso, non è certo morto di consunzione…

L’Ansa parla soltanto dell’attesa dell’esito dell’autopsia per le prossime ore. Dunque nulla di nuovo.

Sento che ho bisogno di una boccata d’aria e mi dirigo verso il Parco. Faccio due passi poi mi siedo su una panchina e cerco di distendere la mente. A un tratto, correndo all’impazzata, ecco passare un bambino di circa otto anni inseguito da uno più grande. Il minore ha uno sguardo terrorizzato mentre l’altro sta ridendo a crepapelle. Il bambino più piccolo riesce a raggiungere il grembo della madre e a rifugiarsi in esso:

“E’ tutto il giorno che mi perseguita. Digli di smetterla!”
“Mattia, lascialo stare!” –
grida la madre al più grande.
“Ma io sto solo scherzando. Che cosa cavolo gli è saltato in mente?” – risponde Mattia con

espressione inebetita.
La madre osserva entrambi e sembra riflettere un istante.
Poi si rivolge al persecutore:
“C’è modo e modo di scherzare…”
Indi al perseguitato:
“Avanti, Andrea, non farne una tragedia, tuo fratello stava solo scherzando…”
“Adesso ti ci metti anche tu: siete tutti d’accordo!”
“Esagerato… Anche tu non sei mica un santerellino…”
“Ma se gli ho appena regalato la mia racchetta da Ping
Pong…”
“Insomma, Andrea, sei il solito esagerato: piantala!”
“Ce l’avete tutti con me!” Detto questo, Andrea si lascia cadere a terra, singhiozzando

come un disperato. Una reazione davvero sproporzionata: anche a me è parso infatti che il maggiore non avesse affatto intenzioni bellicose.

La madre solleva il pertinace Andrea e lo trascina di forza tenendolo per un polso. Poi, esausta per lo sforzo, preferisce abbandonare la presa e puntargli in faccia l’indice accusatore. Fra una lamentazione al Cielo e un rimprovero diretto riesce a convincerlo a camminare con le proprie gambe, anche se poi eccolo subito attaccarsi alla sottana materna in preda a evidente regressione. Un paio di passi indietro, Mattia si tiene intenzionalmente a debita distanza allargando le braccia e scuotendo il capo. La madre nota il suo sconcerto e cerca di mediare come può.

Osservando la scena, un lampo accende la mia mente: grazie a un’intuizione che precede e oltrepassa i limiti del pensiero logico, il caso Encomio diviene improvvisamente perspicuo.

I casi della vita: se il mio scoop non fosse andato in fumo, come avrei potuto risolvere questo complicato enigma?